24/07/2020
LEGGE 5 giugno 2020, n. 40 (Gazzetta Ufficiale n. 143 del 6 giugno 2020) – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonche’ interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali.
Con l’art. 29-bis della Legge 5 giugno 2020, n. 40. di conversione, con modificazioni, del Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23 (c.d. Decreto Liquidità), il legislatore è finalmente intervenuto sul tema della responsabilità civile e penale del DdL a fronte di eventuali infezioni da Covid-19 di propri dipendenti, disponendo che l’obbligo di cui all’art. 2087 del Codice Civile si considera adempiuto attraverso l’attuazione ed il mantenimento delle prescrizioni contenute nel Protocollo Governo/Parti sociali del 24 aprile 20202 , ovvero del diverso protocollo/linea guida applicabile allo specifico settore di attività, ai sensi dell’art. 1, comma 14, del Decreto Legge 16 maggio 2020, n. 333.
Si evidenzia, a tale proposito, che secondo giurisprudenza consolidata e concorde, l’art. 2087 del Codice Civile rappresenta una vera e propria norma di chiusura del sistema di prevenzione, sulla cui base la responsabilità datoriale è stata più volte affermata, in conseguenza di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale, nel presupposto – indeterminato – della mancata adozione delle misure e cautele necessarie “secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica”.
Disporre che il rispetto del protocollo/linea guida applicabile allo specifico settore di attività dell’azienda comporta l’assolvimento dell’obbligo di cui al citato art. 2087, significa fare un oggettivo passo in avanti sul piano della certezza del diritto, dal momento che il legislatore, con questa formulazione, riconosce di fatto che le misure anti-contagio previste da quel protocollo/linea guida coincidono con quelle suggerite dalle conoscenze sperimentali o tecniche attualmente disponibili per quel settore di attività e che quindi, laddove siano puntualmente attuate, non è configurabile una responsabilità per colpa del datore di lavoro, in ambito sia civile che penale, in caso di riconoscimento da parte dell’INAIL di un infortunio sul lavoro da Covid-19.
Si ricorda che proprio l’INAIL aveva già avuto modo di precisare in senso conforme, con la circolare n. 22 del 20 maggio 20205 , che ai fini dell’esperimento della propria azione di regresso sarebbe molto arduo collegare causalmente l’infezione da Covid-19 ad una condotta colposa del datore di lavoro, in assenza di una comprovata violazione, da parte sua, delle misure anti-contagio previste dal protocollo/linea guida applicabile allo specifico settore di attività.
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